sabato 14 ottobre 2017

Come si guarda un film?


Dato che le pellicole spesso superano i novanta minuti, la risposta più ovvia è: seduti comodi con una scorta abbondante di alimenti ipercalorici. Moltissimi sono convinti che queste due semplici condizioni siano quanto basti a trasformarli in stimatissimi critici cinematografici.
Non sono contro la libertà di espressione, per primo ne abuso, nemmeno voglio questionare sui gusti personali o modaioli ma, se mi imbatto in una recensione di un film fatta da qualcuno con una prominente pancetta da popcorn, passo oltre e occupo meglio il mio tempo.
Non pretendo che tutti siano così radical chic dal compiere infinite autopsie sui movimenti della macchina da presa o la resa dell’obiettivo utilizzato ma provo un certo disagio nel vedere che ci sono molti, forse troppi, rustici “alla pane e salame” che sostengono che un film è bello perché ci sono le esplosioni.


E sia chiaro, amo il pane e salame e non tutti i masticatori sono così incompetenti, qualcuno riesce comunque a dire e fare cose sensate ma… sono rari quanto i chicchi di mai inesplosi.
No, non sono uno di quelli tiepidi che pubblicizza e sostiene la mezza via del giudizio in bilico tra la pacatezza e la saggezza orientale.
Allora cosa voglio? Prima di fare un ricamo di chiacchiere, rispondo. Avete presente il vecchio adagio di parlare solo di ciò che conosci o, se proprio senti il bisogno di dire la tua, meglio se prima ti informi bene e da fonti attendibili?
Ecco, questo è ciò che desidero, perché le opinioni “sono come il buco del culo, tutti ne hanno una” (fosse anche di seconda mano) o le medesime fanno sì che la tua intelligenza “se ne torni a casa avvolta in una bandiera con un pezzo di formaggio nel culo”.


Sono imperdonabile, ho manipolato furbescamente le citazioni per un mio personalissimo uso e consumo, ma con un minimo di preparazione si potrebbe anche capire quali differenze, oltre alla morale di sottofondo, ci siano tra un lungometraggio di Oliver Stone e uno di Steven Spielberg.
Ultima cosa importante: il trailer non è il film.
Se uno non volesse passare la propria vita a sparare sentenze spicciole, cosa dovrebbe fare? Nel caso, passare qualche giorno su un set cinematografico per rendersi conto che oltre agli attori c’è di più e di quante incognite debba affrontare un regista durante ogni singolo ciak. Se non si ha questa meravigliosa possibilità, allora è il caso di leggere un po’ di letteratura specifica.
Per non ammazzarvi con inutili tecnicismi consiglio la lettura di L’occhio del regista – 25 lezioni dei maestri del cinema contemporaneo.
Tranquilli, non si tratta di un libro didattico ma di una serie di interviste apparse su Studio, una prestigiosa rivista francese di settore. Tolti un paio di casi, Laurent Tirard ha interrogato tutti gli intervistati su argomenti quali il rapporto con l’insegnamento e l’apprendimento delle tecniche cinematografiche, la decisione dell’angolazione della macchina da presa nei propri lavori, per quale motivo fanno film, come gestire il rapporto con gli attori e il pubblico e cosa li abbia spinti a intraprendere la strada della regia.


All’apparenza potrebbero sembrare quesiti tecnici ma dalle risposte emerge bene la natura esistenziale di queste domande. I candidati sono stati selezionati in base alle opere e all’esperienza che li ha portati a diventare apprezzati e conosciuti sia dalla critica che dal pubblico.
Sono venticinque nomi importanti, nonostante l’effetto elenco del telefono sono del parere che vadano elencati tutti.
Martin Scorsese, Pedro Almodóvar, Sydney Pollack, Woody Allen, Emir Kusturica, Joel ed Ethan Coen, Wim Wenders, David Lynch, Bernardo Bertolucci, Oliver Stone, Lars von Trier, Wong Kar-wai, David Cronenberg, Takeshi Kitano, Tim Burton, John Woo. Jean-Luc Godard, Milos Forman, Mathieu Kassovitz, Steven Soderbergh, Michael Mann, Roman Polanski, Jim Jarmusch, Alejandro González Iñárritu, Arthur Penn.
Il libro non è una raccolta variegata di risposte ma un corpus omogeneo, dovuto soprattutto alla scelta di rivolgere domande standard agli intervistati. Leggendolo si ha la sensazione non di essere a delle noiosissime lezioni accademiche ma a delle stimolanti chiacchierate sulla settima arte.
Anche se non siete degli esperti, di sicuro questa lettura vi aiuterà a comprendere e valutare meglio ciò che vedrete sul grande schermo o potrebbe spingervi verso la vostra prima regia.
L’occhio del regista, 25 lezioni dei maestri del cinema contemporaneo a cura di Laurent Tirard. Minimum Fax edizioni, collana cinema – nuova serie. 307 pagine, 16 €. Disponibile.

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