martedì 14 febbraio 2017

Prima fila




Quanto vorrei permettermi il lusso di avere un posto in prima fila per vedere come va a finire. Pagherei qualunque biglietto per essere solo uno spettatore e, tra una manciata di popcorn e un sorso a una bibita, guardare una tragicommedia in cui troverò le risposte a tutti quei problemi che affliggono il presente.

L’integrazione avverrà prima o poi? Discrimineremo ancora qualcuno per i suoi orientamenti sessuali? Riusciremo a essere più emancipati o continueremo ad adeguarci?

Purtroppo però è un lusso che non posso permettermi e così non potrò mai essere uno spettatore esterno ma “solo” un membro attivo. Quindi mi devo sporcare le mani, passare meno tempo alla tastiera a giudicare e darmi da fare.


Sì, ma cosa devo fare?

Per quanto sia poco incline a frequentare chiese o credere che il cielo sia anche qualcos’altro di paradisiaco, terrei per buono il classico “fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te.”

Non amo le doppie negazioni, poi credo che tutti quei “non” spingano più all’astensione che all’azione.

Salvo per i casi patologici, potrebbe essere un buon metro per valutare l’umanità delle proprie azioni.

Mettiamolo alla prova.


Domani mattina è meglio se preparo le valigie e me ne torno da dove sono arrivato, se non sono piemontese, ritorno alla regione da cui è partito il nonno (o chi per lui), così la smetto di rubare il lavoro e le donne agli autoctoni. Sono eterosessuale ma la devono smettere, non posso mica godere della mia sessualità come mi pare e piace, devo avere rapporti omossessuali. Non sono d’accordo con quanto vedo e sento intorno a me? Meglio se mi adeguo, perché non devo e non posso essere diverso.

Fa ridere? Questo è quello che dovrebbero ricevere tutti quelli che premettono con “non sono razzista ma” o qualunque altra sciocchezza sotto cui tentano di camuffare il loro razzismo.

La via del rimpatrio forzato, della segregazione e del conformismo sono una strada che ci piace percorrere solo quando non ne paghiamo il prezzo, vero?


I problemi ci sono e dovremmo trovare una soluzione ma rispedire al mittente, “curare” chi non è malato e pensare come tutti gli altri non aiutano a trovare soluzioni, ma solo altri problemi.

Con Morte a San Siro, il mistero di Villa Pozzi, Alessandro Bastasi ha avuto l’invidiabile talento di intrappolare sulla carta la società in cui viviamo e spingere il lettore non solo a risolvere un vecchio caso di omicidio ma anche a riflettere sulle trappole dei nostri pregiudizi, delle troppe informazioni mirate a smuovere le moltissime sgradevoli reazioni emotive e la struttura delle gabbie di cui siamo allo stesso tempo vittime e carnefici.


L’autore non propone mai facili ricette per cucinare la buona condotta, soprattutto in questo nuovo romanzo crea un interessante dialogo tra generazioni per affrontare il futuro.

Durante gli scavi per rimuovere le macerie di Villa Pozzi viene ritrovato uno scheletro. Per Guido Barbieri si tratta dei resti di Angela Pozzi, una ragazza che conobbe nel ’65, al concerto dei Beatles al Vigorelli poco prima di scomparire dalla circolazione. Con l’aiuto della figlia Laura - giornalista di punta di Telelibera - e del Commissario Daniele Ferrazza dovranno risolvere un caso archiviato per via della carenza cronica di personale nelle forze dell’ordine e l’urgenza di occuparsi di casi più recenti e amplificati dalla stampa nazionale.


Un difficile lavoro di esplorazione e recupero di un passato perduto e un’altra indagine nei confronti di Pierluigi Pozzi. Noto architetto sospettato e processato ma mai condannato per corruzione, nonché figlio del primo proprietario e fratello della vittima.

Morte a San Siro è un giallo ma la trama è arricchita da molti altri inconsueti personaggi come: il melting pot milanese tra italiani, africani e asiatici, le paure che alimentano il triste razzismo mascherato da rispetto, il confronto tra la vecchia e la nuova guardia, corruzioni non solo politiche ma anche morali, il pericoli e i rischi della giustizia catodica, nuova e vecchia ipocrisia borghese, famiglie sfasciate o allargate…


Davvero, c’è molto ma mai troppo. Bravura e capacità che Bastasi ha già dimostrato di possedere con il precedente Era la Milano da Bere, Morte civile di un manager che ho già recensito qui.

Da leggere senza se e senza ma, per tirare fuori i vecchi scheletri e per non farsi travolgere dalla tragicommedia in cui ognuno di noi recita la propria parte.

Morte a San Siro di Alessandro Bastasi. Frilli Editore Collana Tascabili Noir. 288 pagine, € 12,90. 2017 Disponibile anche in formato digitale.

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