Quanto vorrei permettermi il
lusso di avere un posto in prima fila per vedere come va a finire. Pagherei
qualunque biglietto per essere solo uno spettatore e, tra una manciata di popcorn
e un sorso a una bibita, guardare una tragicommedia in cui troverò le risposte
a tutti quei problemi che affliggono il presente.
L’integrazione avverrà prima o
poi? Discrimineremo ancora qualcuno per i suoi orientamenti sessuali?
Riusciremo a essere più emancipati o continueremo ad adeguarci?
Purtroppo però è un lusso che non
posso permettermi e così non potrò mai essere uno spettatore esterno ma “solo”
un membro attivo. Quindi mi devo sporcare le mani, passare meno tempo alla
tastiera a giudicare e darmi da fare.
Sì, ma cosa devo fare?
Per quanto sia poco incline a
frequentare chiese o credere che il cielo sia anche qualcos’altro di
paradisiaco, terrei per buono il classico “fai agli altri ciò che vuoi sia
fatto a te.”
Non amo le doppie negazioni, poi
credo che tutti quei “non” spingano più all’astensione che all’azione.
Salvo per i casi patologici,
potrebbe essere un buon metro per valutare l’umanità delle proprie azioni.
Mettiamolo alla prova.
Domani mattina è meglio se
preparo le valigie e me ne torno da dove sono arrivato, se non sono piemontese,
ritorno alla regione da cui è partito il nonno (o chi per lui), così la smetto
di rubare il lavoro e le donne agli autoctoni. Sono eterosessuale ma la devono
smettere, non posso mica godere della mia sessualità come mi pare e piace, devo
avere rapporti omossessuali. Non sono d’accordo con quanto vedo e sento intorno
a me? Meglio se mi adeguo, perché non devo e non posso essere diverso.
Fa ridere? Questo è quello che
dovrebbero ricevere tutti quelli che premettono con “non sono razzista ma” o
qualunque altra sciocchezza sotto cui tentano di camuffare il loro razzismo.
La via del rimpatrio forzato,
della segregazione e del conformismo sono una strada che ci piace percorrere
solo quando non ne paghiamo il prezzo, vero?
I problemi ci sono e dovremmo
trovare una soluzione ma rispedire al mittente, “curare” chi non è malato e
pensare come tutti gli altri non aiutano a trovare soluzioni, ma solo altri
problemi.
Con Morte a San Siro, il mistero
di Villa Pozzi, Alessandro Bastasi ha avuto l’invidiabile talento di
intrappolare sulla carta la società in cui viviamo e spingere il lettore non
solo a risolvere un vecchio caso di omicidio ma anche a riflettere sulle trappole
dei nostri pregiudizi, delle troppe informazioni mirate a smuovere le
moltissime sgradevoli reazioni emotive e la struttura delle gabbie di cui siamo
allo stesso tempo vittime e carnefici.
L’autore non propone mai facili
ricette per cucinare la buona condotta, soprattutto in questo nuovo romanzo
crea un interessante dialogo tra generazioni per affrontare il futuro.
Durante gli scavi per rimuovere
le macerie di Villa Pozzi viene ritrovato uno scheletro. Per Guido Barbieri si
tratta dei resti di Angela Pozzi, una ragazza che conobbe nel ’65, al concerto
dei Beatles al Vigorelli poco prima di scomparire dalla circolazione. Con l’aiuto
della figlia Laura - giornalista di punta di Telelibera - e del Commissario
Daniele Ferrazza dovranno risolvere un caso archiviato per via della carenza
cronica di personale nelle forze dell’ordine e l’urgenza di occuparsi di casi
più recenti e amplificati dalla stampa nazionale.
Un difficile lavoro di
esplorazione e recupero di un passato perduto e un’altra indagine nei confronti
di Pierluigi Pozzi. Noto architetto sospettato e processato ma mai condannato
per corruzione, nonché figlio del primo proprietario e fratello della vittima.
Morte a San Siro è un giallo ma
la trama è arricchita da molti altri inconsueti personaggi come: il melting pot
milanese tra italiani, africani e asiatici, le paure che alimentano il triste
razzismo mascherato da rispetto, il confronto tra la vecchia e la nuova guardia,
corruzioni non solo politiche ma anche morali, il pericoli e i rischi della
giustizia catodica, nuova e vecchia ipocrisia borghese, famiglie sfasciate o
allargate…
Davvero, c’è molto ma mai troppo.
Bravura e capacità che Bastasi ha già dimostrato di possedere con il precedente
Era la Milano da Bere, Morte civile di un manager che ho già recensito qui.
Da leggere senza se e senza ma,
per tirare fuori i vecchi scheletri e per non farsi travolgere dalla tragicommedia in cui ognuno di noi recita la
propria parte.
Morte a San Siro di Alessandro
Bastasi. Frilli Editore Collana Tascabili Noir. 288 pagine, € 12,90. 2017
Disponibile anche in formato digitale.
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