giovedì 10 dicembre 2015

L'Italia è una repubblica fondata sul piombo.

 

Il 6 giugno del '46 Il Corriere della Sera annunciava in prima pagina la nascita della Repubblica italiana. Nei giorni precedenti, per la precisione il 2 e il 3, un referendum istituzionale chiamava alle urne gli aventi diritto. Con uno scarto di circa due milioni di voti, la nazione abbandonava la monarchia e sembrava dimenticare una guerra civile che aveva insanguinato un intero paese nelle sorti di un conflitto mondiale.
Sempre nella stessa edizione del giornale, nella colonna di sinistra, appariva il titolo che tendeva a conciliare e, dove possibile, spegnere eventuali antagonismi con un rassicurante: “Tregua nazionale”.
In poco più di un anno, l'Italia era davvero riuscita a voltare pagina e lasciarsi tutto alle spalle?
Ho sempre avuto un debole per la Storia e, pur avendola incontrata tra i banchi di scuola, non ho mai ceduto alla tentazione di imparare a memoria delle date e studiare quanto basta da pagina x a y, perché avevo come la sensazione che fosse uno strumento utile per comprendere il presente oltre al facile qualunquismo e le facili soluzioni.
Tornando al '46, le elezioni dovevano ancora concludersi che già nell'aria circolava il sospetto che ci fossero stati dei brogli. Alcuni gruppi partigiani non ne volevano sapere di consegnare le armi usate e altri avevano nascosto la camicia nera nell'armadio ma continuavano a essere fascisti sotto bandiere diverse. Anni dopo, l'aristocratico Coppi e il popolare Bartali scambiandosi una borraccia durante una tappa del Tour de France, più della politica e del buon senso, scongiurano una ripresa delle ostilità e proiettano gli italiani verso gli anni '50, quelli della ripresa economica.
 
 
I problemi non sono mai stati veramente risolti, ma solo nascosti sotto il tappeto. Pur cantando tutto il tempo Chi ha avut' ha avut' ha avut', chi ha dat' ha dat' ha dat', scurdammc’ ‘u passat, le tensioni rimangono presenti nella vita politica e civile sino a scoppiare in tutte le contraddizioni possibili il 12 dicembre del '69 - la strage di Piazza Fontana - e nell'agosto del '70, quando, a un convegno a Pecorile, nascono le Brigate Rosse.
Banalizzando (molto) si potrebbe pensare che un filo rosso e uno nero hanno attraversato la trama della Repubblica e dopo venticinque anni si sono affrontati per riuscire a rovesciare le sorti della Seconda Guerra Mondiale o portare a termine ciò che era stato interrotto con la resa dell'esercito tedesco, avvenuta l'8 maggio del '45.
Le cose non sono mai così semplici, gli antagonisti nel corso del tempo si sono affrontati più volte in un girone all'italiana e, nelle varie partite, sono entrati in campo il partito comunista sovietico, l'ingerenza americana, i servizi segreti deviati, gli interessi economici e una guerra fredda.
Non sono uno storico né, fortunatamente, un politico. Sono solo un lettore che ha avuto la fortuna di imbattersi in un ottimo romanzo che, per essere compreso al meglio, deve essere inserito in un contesto storico; per la precisione nell'eredità degli Anni di Piombo.
Bologna non c'è più di Massimo Fagnoni è il secondo capitolo delle indagini di Galeazzo Trebbi. Per apprezzarlo non è necessaria un'approfondita conoscenza degli ultimi settanta anni della storia italiana, ma è utile per coglierne alcune sfumature.
 
 
Dopo quanto accaduto ne I delitti della Bassa, l'investigatore privato torna a occuparsi di un adolescente problematico, tal Wolfango Lazzarini, unico erede di una importante azienda. Il giovane è un consumato tossicodipendente che non gioca solo con il proprio destino, ma con tutti quelli dei lavoratori, dei creditori e debitori legati a doppia mandata all'industria di cui, un giorno, prenderà le redini. Un caso senza troppe difficoltà ma che riserva qualche spiacevole sorpresa. Parallelamente a questa vicenda, l'autore ci porta, con dei salti temporali, sulle tracce di Pietro Ricci e l'intento che l'educatore cinquantenne ha di costituire un'organizzazione eversiva. Durante un seminario sulle BR avrà modo di reclutare alcuni elementi con cui mettere in moto un'azione sovversiva in un panorama politico incerto come quello che fu nel 2013. Uno scenario che, tanto per intenderci, stagnava tra i tecnicismi di Monti, la nascita del Movimento 5 stelle e la fiacca opposizione tra Pd e Pdl.
Per quella che è qualcosa in più di una coincidenza, Trebbi deve ritrovare una ragazza e scoprire l'identità dei cospiratori.
Limito al minimo la sinossi, proprio per non rovinare il gusto della lettura.
 
 
 
Perché è un libro da leggere? Come molti altri autori del noir italiano, Fagnoni attraversa la società in cui viviamo e non lesina nel mostrare lo squallore in cui siamo immersi. Lo fa percorrendo strade scomode e ipotizzando scenari che non sono così lontani dal diventare minacce reali.
Gli anni '70 sono stati disinnescati dalla boria degli anni '80, il rosso e il nero si sono annacquati e diluiti negli interessi economici, il lavoro non è più una realtà solida ma ha l'aspetto di un fantasma piuttosto pallido. Allora, come e perché dovrebbe risorgere un'organizzazione terroristica di stampo politico, contando che sono state tutte debellate e rese inoffensive? È una questione di ideologia o c'è dell'altro?
Leggete Bologna non c'è più e lo scoprirete.

Bologna non c'è più di Massimo Fagnoni. Fratelli Frilli Editori, collana Tascabili Noir. 2015, 244 pagine, € 11,90 disponibile anche in formato ebook presso tutti gli store on line.

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